Primo ciclo. Facciamoli leggere, facciamoli scrivere!
L’inizio di settembre è anche tempo di programmazioni.
Magari solo imbastite, o ameno spero…, perché pretendere di stabilire un
tragitto di insegnamento definitivo a prescindere dal contesto concreto in cui
si opera, fatto innanzitutto di alunni, significa fare burocrazia e non scuola.
Come cerco di insegnare, nelle mie scorribande di didattica spicciola a
lezione, nessun documento progettuale è mai definitivo: è un "codice degli
abbozzi", che come tale tiene traccia di errori, ripensamenti, cambi di
direzione...
Ma volevo parlare di altro. Fare un appello accorato, alle
maestre e ai maestri della primaria e in generale ai docenti del primo ciclo.
Perché a loro, e solo a loro, tocca gettare le fondamenta. Facciamoli leggere,
gli alunni. Libri belli e interessanti, non “costruiti” in laboratorio. Libri
anche “difficili”, ovverossia con un linguaggio che non sia impiastricciato
dalle solite trecento parole da cui sono purtroppo composte e conformate molte
“letture” (per lo più ampiamente censurate… ma questo è un altro capitolo).
Portateli in classe, fateli vedere. Magari anche qualche antica striscia… il
Signor Bonaventura, perché no, o Le avventure di Pinocchio nella riscrittura in
versi di Gianni Rodari. E ricordate sempre ché non esistono le “paroline
difficili” – espressione da aborrire –, ma solo le parole che non si conoscono
e che ogni bambino ama apprendere e riusare (ho visto un paio di maestre
partire dalle etimologie e dalle "storie delle parole" -
chapeau!). Facciamo leggere libri che
spuntino anche lì per lì, da un racconto, da una osservazione, da un’idea, da
un fatto che capiti in classe. Evitiamo la lettura “coatta” e diamo loro
elenchi da arricchire. Usciamo dalla ritualità libro/scheda, che è quanto di
più repulsivo esista, giochiamo con i testi e lasciamoli giocare con i testi.
E facciamoli scrivere. Il più possibile. Magari su quaderni
a formato di bambino (cfr. la saggezza di Beatrix Potter), senza farli
inerpicare per i "raccoglitori" A4. Mettiamo al bando le schede in
tutti quei casi in cui non siano strettamente necessarie, diamo un taglio netto
ai puntini da riempire, alle parole da cerchiare e alle correlate figurine da
colorare. Facciamoli scrivere. Perché l’esercizio della scrittura, da coltivare
appena possibile, è esercizio dell’articolazione del pensiero; è apprendimento
diretto della lingua; è arricchimento del lessico, è, anche, scoperta di sé
stessi. E se a scrivere non si impara alla primaria, non si impara più, se non
a prezzo di sforzi durissimi che si è poco disposti a fare, come sanno da
secoli maestri e didatti e come suggellato dagli studi delle neuroscienze.
Facciamoli leggere e scrivere senza intrupparli in schemi spesso pretenziosi e sgangherati. Insegniamo loro a scrivere correttamente (il che implica progressivamente anche suggerimenti su come organizzare il materiale), esercitando "l'apprendimento per errori", e a leggere dando un senso. Non pretendiamo, soprattutto, di far correre chi non sa ancora camminare. Ci sarà tempo per le schede libro, per individuare narratore e narratario, per “redigere” secondo la “forma” del saggio o dell’articolo di giornale. Evitiamo tutto ciò che strangoli il piacere della lettura e la scoperta della scrittura. Lasciamo da parte, senza se e senza ma, tutto ciò che non si trasforma (perché non si può oggettivamente trasformare) in apprendimento significativo.
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