15 maggio 2024

Le parole della disabilità: finalmente si fa ordine

Il decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62, recante «Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l'elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato» è un provvedimento complesso, ma indispensabile, che da più punti di vista razionalizza un quadro normativo frutto di stratificazioni non sempre coerenti e, soprattutto, dovute a stagioni culturali diverse. Al di là delle singole disposizioni di dettaglio (che non toccano, per lo più, il settore istruzione), mi importa rilevare, innanzitutto, la finalmente raggiunta uniformità terminologica: come ripeto spesso a lezione, le parole sono importanti, e le parole giuridiche ancor di più, perché definiscono i confini dell'agire concreto: quando significante e significato corrispondono, è un bene per tutti. E, su questo, soprattutto i miei studenti ricorderanno la mia insistenza sulla corretta definizione di «persona/alunno con disabilità», che fa riferimento ai documenti internazionali e dunque è l’unico coerente con quanto l’Italia ha liberamente sottoscritto e travasato nella sua «Stufenbau». Ne approfitto per ringraziare tutti gli ex studenti (docenti e DS) che hanno provveduto, già da tempo, all’aggiornamento dei documenti, dal PTOF al PAI al PI.

Va aggiunta la definizione giuridica di «accomodamento ragionevole» e l’adozione, per le certificazioni e per le conseguenti «azioni positive» (altra categoria sulla quale a volte sfioro la pedanteria…), della prospettiva ICF e dell’ICD. È anche confortante, per una volta, riscontrare una complessiva omogeneità di linguaggio e definizioni tra il Ministero per la disabilità e il comparto istruzione, su cui proprio il Ministero dell’istruzione e del merito ha fatto, con l’adozione dei modelli di PEI nel 2020, da antemarcia. L’omogeneità è stata resa possibile anche dal solido aggancio con i documenti e la letteratura internazionale sull’argomento. Resta, naturalmente, il tema dell’applicazione effettiva delle disposizioni normative, a partire dal nuovo iter di certificazione per arrivare al rilancio del Progetto di vita individuale, che rinomina e ridetermina il Progetto individuale, non di rado lasciato quale lettera morta, affidandone la predisposizione all’Unità di Valutazione Multidisciplinare. Sull’attuazione del decreto legislativo, con riferimento a due istituti quali la «valutazione di base disciplinata dal Capo II» e «disposizioni relative alla valutazione multidimensionale e al progetto di vita previste dal Capo III», all’articolo 33 si prevede una prima fase sperimentale, a decorrere dal 1° gennaio 2025, su cui i decreti attuativi spero prevedano una adeguata fase di monitoraggio e valutazione.  

21 aprile 2024

L'adozione dei libri di testo e la libertà di insegnamento. Prima parte: l'inquadramento giuridico.

L’adozione dei libri di testo e la richiesta di materiale didattico si pongono al crocevia tra attribuzione degli organi collegiali, libertà di insegnamento e diritto all’istruzione. Questo è il primo di due post, dedicato all’inquadramento giuridico della questione, mentre il secondo sarà indirizzato ad alcune proposte valutative. Come noto, entro «la seconda decade di maggio» le istituzioni scolastiche devono provvedere alla delibera relativa, che rientra tra le attribuzioni del collegio docenti, organo sovrano in materia di funzionamento didattico dell’istituto. Si tratta però di una sovranità limitata dalla libertà di insegnamento. Detto in altre parole, il Collegio non può intervenire né come organo censore né può conculcare il diritto di ciascun docente di avvalersi o non avvalersi di un sussidio didattico. E qui mi sia consentito lasciare la parola alle Istituzioni di diritto scolastico pubblicate per Giappichelli assieme a Salvatore Milazzo: «Più precisamente, tra i compiti principali attribuiti, al collegio compete: curare la programmazione dell’azione educativa, nel rispetto della libertà di insegnamento garantita per Costituzione a ciascun docente; deliberare le modalità di articolazione periodica dell’anno scolastico; provvedere all’adozione dei libri di testo, sentiti i consigli di classe e, nei limiti delle disponibilità finanziarie indicate dal consiglio di istituto, alla scelta dei sussidi didattici, fermo restando la possibilità delle cosiddette “adozioni alternative”. Proprio questo aspetto merita un breve approfondimento che può fare da cartina al tornasole per analoghi casi in cui è giocato l’equilibrio tra scelte collegiali e libertà di insegnamento.

Le adozioni sono regolate dalla Nota annuale da parte del ministero che, al di là dei dettagli operativi, richiama, sia pure per sommi capi, le disposizioni vigenti in materia e alcuni principi: «Si ricorda ai dirigenti scolastici di esercitare la necessaria vigilanza affinché le adozioni dei libri di testo di tutte le discipline siano deliberate nel rispetto dei vincoli normativi» (e qui il riferimento è ai tetti di spesa e agli elementi procedurali) «assicurando che le scelte siano espressione della libertà di insegnamento e dell’autonomia professionale dei docenti... Le istituzioni scolastiche che hanno deciso di non adottare libri di testo accedono alla suddetta piattaforma specificando che si avvalgono di strumenti alternativi ai libri di testo». Ovviamente, si può osservare che la Nota semplifica e riassume situazioni più varie e complesse: specie alla primaria, le «adozioni alternative» sono in capo ai team e la spesa è a carico dei comuni: il che implica una maggiore proceduralizzazione; resta fermo che la decisione per l’adozione alternativa può anche non coinvolgere l’intero istituto o tutti i team e i docenti.

La norma base è rappresentata dall’art. 15 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, che al comma 2 fissa, inequivocabilmente, il principio dell’«eventualità» dell’adozione: «A partire dall’anno scolastico 2008-2009, nel rispetto della normativa vigente e fatte salve l’autonomia didattica e la libertà di scelta dei docenti nell’eventuale adozione dei libri di testo o nell’indicazione degli strumenti alternativi prescelti, in coerenza con il piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e con il limite di spesa, nelle scuole di ogni ordine e grado, tenuto conto dell’organizzazione didattica esistente, i competenti organi (scil., collegio docenti) individuano preferibilmente i libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet».

L’adozione del libro di testo non è dunque un obbligo, così come non vi è alcun obbligo di utilizzarlo, qualora sia stato comunque adottato. Vi è, in effetti, un profilo anche costituzionale in merito. La sfera della libertà di insegnamento non può infatti non riguardare anche gli strumenti didattici, seppure con le mediazioni necessarie per evitare un eccesso di spesa da parte delle famiglie, laddove questo rischio sia concreto. Ovviamente, il docente resta responsabile della qualità e dell’efficacia dell’azione educativa, ed è su questo aspetto (o meglio, sulla mancanza di questo essenziale aspetto) che può incorrere nella sanzione della dispensa dal servizio per incapacità ex art. 512 del Testo Unico. Il principio della libertà di ricerca e di insegnamento è posto in equilibrio funzionale con l’altro diritto, inalienabile, che è quello all’istruzione.

L’intermediazione del collegio riguarda, di fatto, 1) l’approvazione in generale delle adozioni (attraverso un controllo formale, visti i richiamati rischi di lesione della libertà di insegnamento, salvo casi estremi di diniego da motivare) e 2) le cosiddette «adozioni alternative», per disciplinare l’utilizzo del tetto di spesa previsto (anche in questo caso, salvo stravaganze, il collegio effettua una presa d’atto) per materiale didattico alternativo: in questo caso, una speciale casistica è rappresentata dalla possibilità di adottare, caso per caso, specifico materiale necessario all’individualizzazione funzionale al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento degli alunni con disabilità, con DSA o con altri BES.

Lo stesso d.l. n. 112/2008, all’art. 15, comma 2-bis, disciplina una terza fattispecie particolare, in base alla quale è l’istituzione scolastica a farsi editrice dei propri testi: «Gli istituti scolastici possono elaborare il materiale didattico digitale per specifiche discipline da utilizzare come libri di testo e strumenti didattici per la disciplina di riferimento; l’elaborazione di ogni prodotto è affidata ad un docente supervisore che garantisce, anche avvalendosi di altri docenti, la qualità dell’opera sotto il profilo scientifico e didattico, in collaborazione con gli studenti delle proprie classi in orario curriculare nel corso dell’anno scolastico. L’opera didattica è registrata con licenza che consenta la condivisione e la distribuzione gratuite e successivamente inviata, entro la fine dell’anno scolastico, al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e resa disponibile a tutte le scuole statali, anche adoperando piattaforme digitali già preesistenti prodotte da reti nazionali di istituti scolastici e nell’ambito di progetti pilota del Piano Nazionale Scuola Digitale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per l’azione “Editoria Digitale Scolastica”». Si trattò, all’epoca, di normare sulla base di principi generali la preesistente attività della rete Book in progress, nata spontaneamente a partire da alcune realtà di eccellenza (gli IIS Tosi di Busto Arsizio e Majorana di Brindisi), anche a seguito dei dubbi espressi dalle associazioni degli editori».

18 aprile 2024

Plusdotazione... possono le leggi, potrebbe ancor di più la scuola

Mi sembra opportuno fare un breve riassunto dello stato dell'arte sulla cosiddetta plusdotazione, anche in occasione della discussione, in commissione al Senato, di alcuni disegni di legge (segnatamente, il DDL 180 - Zanettin e il DDL 1041 - Marti) volti al riconoscimento degli alunni «ad alto potenziale cognitivo».

Mi sono trovato ad avere a che fare con il tema tanto in ambito scolastico, intervenendo in qualche caso, quanto accademico (in ultimo, facendo da relatore a una ottima tesi in SFP), quanto amministrativo, trovandomi da un lato sullo scrittoio una proposta di linee guida (di cui poi si sono perse le tracce) che rispedii al mittente perché, pur con spunti interessanti, troppo lunghe e burocratizzanti; dall'altro mettendo in norma l'unica azione positiva attualmente prevista in ordinamento.

Il senso di questo post è nel cercare di ricondurre la questione nell'alveo della normativa generale e capire cosa è necessario, cosa superfluo e cosa rischia di trasformarsi in un danno.

Primo concetto generale: sulla base del d.lgs 66/2017, articolo 1, comma 1, il sistema di istruzione italiano ha adottato la prospettiva inclusiva: «L'inclusione scolastica riguarda… gli alunni… risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno… costituisce impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica». Inclusione, al netto dei cascami più o meno retorici, è concetto che implica di guardare agli alunni come persone, con le loro specificità, e adottare strategie didattiche in grado di trarre, da ciascun alunno, il meglio possibile, anche andando oltre i risultati di apprendimento previsti dagli ordinamenti.

Secondo concetto generale: ogni istituzione scolastica ha gli strumenti innanzitutto organizzativi, come configurati dal dpr 275/1999 e declinati nella normativa specifica dei vari gradi, per favorire l’inclusione: classi aperte, classi di livello, opzioni, potenziamenti… E ogni docente gode della libertà didattica più piena, garantita dalla Costituzione, che ha come confini il quadro normativo e ordinamentale, ma che al loro interno si muove liberamente avendo come principale finalità (come dire, l’alfa e l’omega) mettere nelle condizioni ciascun alunno di usufruire al meglio delle sue possibilità del diritto all’istruzione.

In questa cornice, il legislatore ha disposto una serie di «azioni positive» a favore di alcune categorie di alunni, segnatamente gli alunni con Bisogni educativi speciali, ovvero, secondo la definizione della Dichiarazione di Salamanca, «tutti quei bambini e ragazzi i cui bisogni derivano da disabilità o difficoltà di apprendimento», ovvero, secondo l’ICF da «qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento permanente o transitoria in ambito educativo o di apprendimento, dovuta all’interazione tra vari fattori di salute e che necessita di educazione speciale individualizzata». Secondo la più precisa definizione dell’OCSE, che ha fatto il suo ingresso nell’ordinamento italiano attraverso la direttiva Profumo, la macrocategoria dei BES distingue «la disabilità, composta dai soggetti certificati sulla base della legge 104/1992;  l’area dei disturbi evolutivi specifici, che ricomprende i disturbi specifici dell’apprendimento (Legge 8 ottobre 2010, n. 170) i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria e per la comune origine nell’età evolutiva – anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico…; l’area dello svantaggio economico, linguistico, culturale».

Detto in soldoni, gli alunni con disabilità e gli alunni con DSA hanno il diritto, basato sulla relativa certificazione, all’adozione di strumenti progettuali (PEI e PDP) che organizzano una didattica specifica e specifiche «azioni positive». Per gli alunni con altri bisogni educativi speciali, la decisione sull’adozione o meno di un PDP rientra nella sovranità del Consiglio di classe, con alcune azioni sistemiche che riguardano soprattutto gli alunni provenienti da contesti migratori.

Attenzione: tutto ciò NON significa che i docenti, nella loro libertà didattica, non possano (e in alcuni casi debbano) intraprendere, A PRESCINDERE dalle carte bollate, azioni positive specifiche per i singoli alunni. Con un esempio che faccio sempre all’università, un docente che fa leggere ad alta voce un alunno con dislessia «perché la certificazione non c’è» dovrebbe riflettere attentamente sulla sua scelta professionale.

Nel caso degli alunni ad alto potenziale, l’unica azione positiva attualmente prevista si rintraccia nel DM 5/2021 dedicato agli «Esami integrativi ed esami di idoneità nei percorsi del sistema nazionale di istruzione». All’articolo 2, comma 5 si dispone che «possono accedere all’esame di idoneità per l’anno di corso successivo a quello cui possono essere ammessi a seguito di scrutinio finale, senza interruzione della frequenza scolastica, gli alunni ad alto potenziale intellettivo con opportuna certificazione attestante anche il grado di maturazione affettivo-relazionale su richiesta delle famiglie e su parere favorevole espresso all’unanimità dai docenti della classe o dal consiglio di classe».

Si tratta, a dire la verità, dell’unica disposizione normativamente necessaria, che ha l’intelligenza, per l’applicazione pratica, di demandare la scelta al consiglio di classe in base ai due parametri necessari, concernenti la capacità di apprendimento e la «maturazione affettivo relazionale».

Per il resto, nulla, ma proprio nulla (eppure, mi è capitato saltuariamente di sentirmelo dire) vieta di perseguire per questi alunni un tipo di didattica e di predisposizione degli obiettivi di apprendimento ADATTA… eventualmente, stilando un progetto specifico (non un PDP…  il cui uso è improprio, a meno che l’alunno con alto potenziale non rientri ANCHE in una delle categorie BES), una sorta di Piano di studio personalizzato che, a ben vedere, può tranquillamente accompagnare la scheda di valutazione diventando un riferimento nel passaggio tra una classe e l’altra e tra un grado e l’altro di istruzione. In fondo, è la logica del Curriculum dello studente e dell’orientamento: purché si sfugga dalla tentazione della «compilazione». Nell’ambito della progettazione didattica, sono possibili tutta una serie di iniziative, sia interne al gruppo classe (ottimi risultati si verificano attraverso l’adozione della «Didattica differenziata» proposta dalla Tomlison e importata in Italia da Luigi d’Alonzo), sia esterne (nell’ambito della stessa istituzione scolastica, è ovviamente possibile far seguire all’alunno le lezioni in altre classi di alcune materie specifiche): e tutto ciò, a normativa invariata. Ovvio che sarebbe opportuna una formazione specifica dei consigli di classe interessati: e non sono certo le risorse economiche, in questo momento, a mancare…

La mia preoccupazione è che un intervento legislativo specifico che vada al di là del riconoscimento degli alunni ad alto potenziale, dell’eventuale adozione di linee guida (magari sobrie… e che tuttavia potrebbero già essere adottate), dell’allocazione di risorse per la formazione dei docenti (o, perché no, di borse di studio…) rischi l’ennesima burocratizzazione. Tanto il DDL Marti, più «di quadro», che il DDL Zanettin, maggiormente dettagliato, hanno molti elementi di pregio che fanno tesoro delle rare, ma ben condotte, esperienze in corso.

Vi è, casomai, un problema di cultura collettiva, che nessuna norma può, se non in tempi lughi, mutare, che porta in generale a trascurare l’eccellenza o a considerarla quasi una colpa…  il che spiega l'enorme ritardo con cui il tema è affrontato, non solo rispetto agli USA (primo paese al mondo a prevedere disposizioni specifiche), ma anche rispetto alle indicazioni eurounitarie. 

27 marzo 2024

Il ruolo del tutor nel periodo di formazione e prova


Il ruolo del tutor nel periodo di formazione e prova è uno dei più delicati, ma al contempo appassionanti. In questo video faccio una carrellata in proposito, a partire sempre dalla normativa che, come dico spesso, è una opportunità. Completano il video le slide, il testo del DM 226/2022 e materiali utili presenti sulla piattaforma Indire.
 

26 marzo 2024

Il periodo di formazione e prova dei docenti... la procedura e i modelli degli atti.

Sulla piattaforma INDIRE sono stati postati l'indice e i modelli degli atti relativi al periodo di formazione e prova del personale docente. Rispetto allo scorso anno, abbiamo fatto un lavoro di ripulitura e aggiunto alcuni atti relativi alla procedura concorsuale  ex articolo 5, comma 5 del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44.

Un “atto amministrativo” non è altro che la traduzione in pratica della normativa generale. Riassume, per così dire, un ragionamento e dà conto di una procedura. È impostato secondo un sillogismo che parte dalla “ratio legis” e la declina su un caso concreto. Più sobrio, essenziale, stringente è, meglio risponde alle sue finalità e meno si presta agli attacchi “formali”.  

Occorre fare subito due raccomandazioni. Il periodo di formazione e prova, nel suo svolgimento, è identico per le varie procedure di immissione in ruolo. Costituisce, di fatto, il comune denominatore volto all’accertamento degli standard professionali. Alcune procedure di immissione in ruolo prevedono però ulteriori passaggi: segnatamente, le immissioni da art. 59 comma 4 del DL 73/2021 e da art. 5 comma 5 del DL 44/2023. La prima operazione da fare è avere chiaro, per ciascun docente, da quale procedura sia stato immesso e seguire le procedure conseguenti. 

I modelli di atti che abbiamo predisposto, aggiornati dopo l’esperienza dello scorso anno scolastico e integrati con le nuove procedure, sono nati da una esigenza di ordine, anche rispetto ai diversi materiali che, di anno in anno, abbiamo verificato nel corso delle visite ispettive; di omogeneità; di ricostruzione, il più possibile puntuale sulle varie casistiche, del quadro normativo generale e dei vari esiti. Sono nati anche dalla volontà di cercare di concentrare l’azione dei Comitati per la valutazione dei docenti e dei Dirigenti scolastici sulla “sostanza” del processo di valutazione del percorso di formazione e periodo di prova, che il recente decreto del Ministro dell’istruzione 226/2022 ha meglio strutturato, attraverso l’adozione di una griglia nazionale (l’allegato A al DM) che consente di fondare l’esito su criteri obiettivi.  

I modelli di atti distinguono le responsabilità procedurali del DS e del Comitato di Valutazione, precisano l’ordine consequenziale degli adempimenti, danno conto dei possibili esiti: certamente, impongono la conoscenza della normativa (in particolare, il DM 226/2022 e le norme che governano le diverse procedure di immissione in ruolo), ma consentono, con i “rimandi” posti nelle premesse, una sua più agevole consultazione. 

L’ordine “logico” prevede, innanzitutto, da parte del DS, l’esclusione dalla procedura (AAA Determina mancato assolvimento) di quei candidati che non abbiano assolto agli obblighi “formali” (per tutti, i giorni di servizio, di attività didattica, le attività formative – che sono anche un ambito da valutare. Per i soli candidati che provengono dal concorso 59 comma 9 bis, va inoltre verificata la presenza dell’attestato di assolvimento dei 5 CFU del «Percorso di formazione e prova conclusiva» ex articolo 18 Decreto del Ministro dell’istruzione 28 aprile 2022, n. 108) e il rinvio al successivo anno scolastico (rinvio, e non “ripetizione”, che è un altro istituto giuridico).  

Il secondo passaggio è costituito dal Verbale del Comitato (A Verbale), nel quale inserire uno dei modelli di parere (da A1 ad A6). Infine, sono messi a disposizione i diversi modelli di decreto del DS (da notificare ai docenti, dove previsto, entro il 31 agosto). La procedura è infatti leggermente diversa per quanto concerne i candidati da articolo 59 comma 4 e da articolo 5 comma 5: il “superamento” e la “conferma in ruolo”, in questo caso, sono infatti due atti distinti, il primo necessario per far sì che il candidato affronti la prova concorsuale finale o la prova di idoneità presso l’istituzione scolastica; il secondo che prende atto del risultato positivo o negativo della prova stessa. 

Un’ultima avvertenza. In caso di candidati che abbiano una “riserva” pendente, i decreti di superamento da parte del DS devono prevedere una ulteriore clausola finale: «Il presente provvedimento è adottato nelle more dello scioglimento della riserva. In caso di scioglimento negativo della riserva, la conferma in ruolo è annullata, fermo restando il giudizio di assolvimento del percorso di formazione e periodo di prova per il relativo grado». 

19 marzo 2024

A proposito di prove equipollenti, strumenti compensativi, misure dispensative ed esami di Stato

Si addensano i quesiti che riguardano gli esami di Stato degli studenti con bisogni educativi speciali... È uno di quei casi che richiedono, per poter essere affrontati correttamente, di tenere presente la norma e muoversi, entro i suoi confini, attraverso le risorse della didattica e il paradigma del diritto all’istruzione da assicurare. 
I criteri generali della valutazione, la valutazione e la certificazione delle competenze nel primo ciclo di istruzione nonché la disciplina degli esami di Stato sono dettati dal Dlgs 13 aprile 2017, n. 62. La valutazione in generale, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 62/2017, «ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento» degli alunni; «ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo», «documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno»; «è coerente con l’offerta formativa delle istituzioni scolastiche, con la personalizzazione dei percorsi e con le Indicazioni Nazionali per il curricolo e le Linee guida»; «è effettuata dai docenti nell’esercizio della propria autonomia professionale, in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel piano triennale dell’offerta formativa»; adotta «modalità di comunicazione efficaci e trasparenti in merito alla valutazione del percorso scolastico». Seguire questi criteri è il miglior modo non solo per impostare correttamente una valutazione educativa, ma per prevenire o rintuzzare ogni tentativo di contenzioso. 
Per gli alunni con BES sono disposte per norma delle azioni positive che adattano la valutazione alla specificità dei casi, fermo restando, in corso d’anno, la libertà dei docenti di applicarle, motivatamente, alla peculiarità del singolo alunno. Del tema ho parlato ampiamente, assieme a Salvatore Milazzo, nelle nostre Istituzioni di diritto scolastico
Le cose cambiano e diventano più formali agli esami di Stato. La normativa prevede espressamente, per gli alunni con disabilità o con disturbi specifici dell’apprendimento, dei possibili adattamenti, mentre per alunni con PEI dovuti ad altri BES non certificati, soccorrono l’ordinanza annuale o la tradizionale nota dell’amministrazione. 

Alunni con disabilità
Ai sensi dell’art. 11, commi 5 e 6, del Dlgs 62/2017,  gli alunni con disabilità «sostengono le prove di esame al termine del primo ciclo di istruzione con l’uso di attrezzature tecniche e sussidi didattici, nonché ogni altra forma di ausilio tecnico loro necessario, utilizzato nel corso dell’anno scolastico per l’attuazione del piano educativo individualizzato… la sottocommissione, sulla base del PEI, prendendo a riferimento le attività svolte, le valutazioni effettuate e l’assistenza eventualmente prevista per l’autonomia e la comunicazione, predispone, se necessario, prove differenziate idonee a valutare il progresso dell’alunna o dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali. Le prove differenziate hanno valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma finale». L’attestato di credito formativo, «comunque titolo per l’iscrizione e la frequenza della scuola secondaria di secondo grado ovvero dei corsi di istruzione e formazione professionale, ai soli fini del riconoscimento di ulteriori crediti formativi da valere anche per percorsi integrati di istruzione e formazione», è rilasciato esclusivamente agli alunni con disabilità che non si presentano agli esami.
La partecipazione agli esami di Stato del secondo ciclo è disciplinata all’art. 20, commi 1-7. Spetta, innanzitutto, al consiglio di classe (comma 1) stabilire «la tipologia delle prove d’esame e se le stesse hanno valore equipollente all’interno del piano educativo individualizzato». Sulla scorta di questa preventiva determinazione, spetta poi alla commissione (comma 2) predisporre eventualmente prove differenziate che, ove di valore equipollente, «determinano il rilascio del titolo di studio conclusivo del secondo ciclo di istruzione». Nel caso in cui il PEI dell’alunno sia, in una o più discipline, differenziato, e le prove conseguentemente non equipollenti, è «rilasciato un attestato di credito formativo recante gli elementi informativi relativi all’indirizzo e alla durata del corso di studi seguito, alle discipline comprese nel piano di studi, con l’indicazione della durata oraria complessiva destinata a ciascuna delle valutazioni, anche parziali, ottenute in sede di esame».

Alunni con DSA
Per l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, ai sensi dell’art. 11, comma 11, la commissione può riservare agli alunni con DSA tempi più lunghi di quelli ordinari e consentire l’adozione di strumenti compensativi, sempre che siano previsti dal PDP. Per gli alunni dispensati dalla prova scritta in lingua straniera, la sottocommissione stabilisce (comma 12) «modalità e contenuti della prova orale sostitutiva», fermo restando (comma 13), per gli alunni esonerati integralmente dall’insegnamento delle lingue straniere, l’esonero dalla relativa prova che però consente comunque il conseguimento del diploma. Del tutto analoghe le disposizioni relative al secondo ciclo (art. 20, commi 11 e 12) 47. Resta fermo che l’esonero dall’insegnamento e dalle corrispettive prove di lingua straniera comporta un percorso didattico differenziato e dunque il rilascio dell’attestato di credito formativo. 

Prove equipollenti, misure dispensative e strumenti compensativi
Per quanto concerne le prove equipollenti, le misure dispensative e gli strumenti compensativi hanno valore di indicazione perentoria e vigente le Linee guida allegate al DI 182/2020 (recentemente modificato, ma si cita SEMPRE il testo oggetto di modifica, non il testo modificativo…) e, per i PDP, le Linee guida allegate al DM 12 luglio 2011.
In linea generale, e per riassumere,
  • le prove equipollenti sono prove diverse da quelle somministrate al resto della classe e sono chiamate a valutare il livello di raggiungimento degli apprendimenti previsti per come eventualmente adattati nel PEI.
Andiamo da una “riduzione” degli item alla diversificazione della prova (es. prove strutturate o semistrutturate al posto di prove aperte, etc). Ciò che determina l’equipollenza è la «materia», gli apprendimenti oggetto della prova che corrispondono, anche se semplificati, alla prova normale. 
Le misure dispensative sono uno degli strumenti di equipollenza: dispenso da una parte della prova, o sostituisco uno scritto con un orale, o viceversa… a seconda della PERSONA alunno.
Altra cosa, l’utilizzo di strumenti compensativi, i quali «compensano» l’eventuale disturbo, senza facilitare il compito all'alunno: tra gli strumenti, il PC, la calcolatrice, il lettore vocale, le mappe concettuali, l’attribuzione di tempi ulteriori per lo svolgimento della verifica. Per un elenco non esaustivo, rinvio per l’appunto ai due decreti indicati. 
Attenzione: perché gli strumenti compensativi possono essere usati SIA con le «verifiche identiche» (per usare la definizione del PEI) SIA con le verifiche «equipollenti». 
La progettazione accurata dei PEI e dei PDP, il rinvio attento alle norme applicate (Linee guida) sono gli strumenti migliori per prevenire o risolvere eventuali conflitti nelle commissioni relative alla secondaria di secondo grado. Inutile, da questo punto di vista, farsi venire «ansie preventive». Se il PEI e il PDP sono stati ben progettati, non c’è nulla da temere. E, nel caso di problemi, si richiede il pronto intervento degli ispettori di vigilanza. 

Le parole della disabilità: finalmente si fa ordine

Il decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 , recante «Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamen...