26 gennaio 2024

Nuovo e vecchi CCNL Scuola.

La Cisl-Scuola ha rinnovato una sua pratica meritoria e ha allestito una sorta di «testo unico» contrattuale, basato sul CCNL 2019/2021, appena entrato in vigore, e sulle parti di precedenti contratti ancora vigenti. Si tratta di un ottimo strumento per la comunità educante: più ancora che ottimo, quasi direi essenziale. 

La pubblicazione è anche l’occasione per ribadire una questione a mio avviso capitale: occorre la conoscenza diretta dei testi normativi, i quali stabiliscono le ««regole del gioco» cui tutti gli attori sono chiamati. Mi è capitato spesso di assistere a scontri surreali tra Tizio e Sempronio, tutti e due presi a rivendicare a vicenda «… ma c’è una legge che»… Solo che, richiesti di quale «legge» fosse, e anche prendendo per buono un uso di «legge» al posto di norma e dunque ricomprendendo tutto lo scibile della legislazione scolastica, la risposta era immancabilmente «l’ho letto su…» o «me lo hanno detto i colleghi…» sino al surreale «quale legge? eh... la legge!».

Trattavasi, e purtroppo trattasi, di «leggi» ovviamente inesistenti, o talmente trasfigurate, nel passaparola dei gruppi whatsapp, dall’asserire l’esatto contrario di quanto previsto. Per non parlare di segreterie ferme a contratti obsoleti (a una mia studentessa si pretendeva di negare il diritto allo studio, in virtù del CCNL 1995). Sino al virtuosismo, da parte di qualche docente, di accampare disposizioni inesistenti quale giustificazione maldestra di proprie autonome scelte (classicone: «vi devo dare i compiti a casa perché lo prevede la Legge!»), salvo trascurare o, solitamene, non conoscere disposizioni pienamente vigenti (a partire dal dPR 24 giugno 1998, n. 249, lo Statuto delle studentesse e degli studenti: vedi alla voce «lo studente ha diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento»).  

Ma torniamo al contratto, che è pienamente vigente, ad eccezione degli articoli ove vi sia una diversa decorrenza espressa ovvero che richiedono una ulteriore sequenza contrattuale integrativa. Nella parte giuridica, soprattutto in riferimento al personale ATA (a partire dal DSGA e all’inquadramento nell’area delle Elevate qualificazioni), ma non solo, le innovazioni sono numerose: basti pensare all’inserimento delle attività dei gruppi di lavoro operativo per l’inclusione e, seppur residualmente, delle attività di formazione nelle 40+40 ore di attività a carattere collegiale. E sono innovazioni tali da suggerire, da parte dell’amministrazione, una azione di formazione tanto sull’amministrazione stessa, quanto sulle governance delle istituzioni scolastiche.

11 gennaio 2024

Tempo di valutazioni


Per molte istituzioni scolastiche, che hanno adottato la scansione in quadrimestri, questo è il momento in cui partono le convocazioni dei Consigli di classe o dei team. Ne approfitto per un «appunto» didattico-giuridico, forse di qualche utilità, che riassume le considerazioni presenti nelle Istituzioni di diritto scolastico
I criteri generali della valutazione, la valutazione e la certificazione delle competenze nel primo ciclo di istruzione nonché la disciplina degli esami di Stato sono dettati dal dlgs 62/2017. La valutazione nel secondo ciclo di istruzione dagli artt. 4; 7; 8, comma 2 del dPR 122/2009; infine, l’OM 172/2020 ha ridisciplinato, con le relative Linee guida, la valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella scuola primaria, passando dalla valutazione numerica al giudizio descrittivo. Pur nella differenza tra gli strumenti normativi, l’insieme risulta coerente: la valutazione IN GENERALE, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 62/2017, «ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento» degli alunni; «ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo», «documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno»; «è coerente con l’offerta formativa delle istituzioni scolastiche, con la personalizzazione dei percorsi e con le Indicazioni Nazionali per il curricolo e le Linee guida»; «è effettuata dai docenti nell’esercizio della propria autonomia professionale, in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel piano triennale dell’offerta formativa»; adotta «modalità di comunicazione efficaci e trasparenti in merito alla valutazione del percorso scolastico». La norma fissa altresì i codici (tassativi…) attraverso cui rendere la valutazione nei momenti formalizzati periodici e finali (con giudizio descrittivo alla primaria, con voti in decimi alla secondaria di primo e secondo grado), la procedura degli scrutini, i requisiti necessari per accedere all’anno scolastico successivo.  Infine, la normativa (completata dal dlgs 66/2017 e dalla legge 170/2010, oltre che dalla direttiva Profumo del 2012 e successive note correttive) fissa i principi della valutazione per gli alunni con BES, da correlare ai PEI e PDP.
Al collegio docenti (al collegio docenti e SOLO al collegio docenti, anche in virtù del dPR 275/1999 e dell'art. 7 del Testo Unico 297/1994) spetta scandire l’anno scolastico in eventuali periodi in cui rendere la valutazione intermedia; fissare il numero minimo di prove per ciascuna disciplina o gruppo di discipline; definire criteri di valutazione generali per le valutazioni periodiche e finali; stabilire modalità di comunicazione trasparente alle famiglie. 
Ci sono poi delle decisioni ulteriori eventuali, che non corrispondono, cioè, a obblighi di legge, ma che possono essere adottate in autonomia dai collegi (vincolando comunque i docenti stessi): l’obbligo di predisporre e utilizzare griglie di valutazione; stabilire prove comuni per classi parallele e le correlate modalità e griglie di valutazione; dettare tempi certi di restituzione delle prove corrette e la loro trasmissione per visione alle famiglie (che, peraltro, non può essere al contrario impedita). Infine, disporre, a integrazione della scheda di valutazione, un ulteriore documento più descrittivo. Per fare un esempio, nulla vieta, in una secondaria di primo grado, di accompagnare alla scheda per voti numerici una ulteriore scheda per giudizi descrittivi analoga a quella che, alla primaria, è di fatto la scheda di valutazione. E, ancora: nulla vieta a una istituzione scolastica di sostituire la scheda periodica con altre forme di rendicontazione alle famiglie e agli alunni. 
Tutto il resto è demandato all’autonomia professionale dei docenti, come definita dal contratto e, prima ancora, dalla Costituzione alla voce «libertà di insegnamento». Facciamo qualche esempio (non esaustivo). Se la delibera del collegio fissa in trimestri la scansione dell’anno, dieci giorni per la restituzione della valutazione e due prove a trimestre per (poniamo) storia, nessuno può vietare a Mevio di disporre quattro prove di storia, a Caio tre e a Sempronio di utilizzare modalità di valutazione diffusa che accompagna le due prove prescritte. Nessuno, inoltre, può vincolare Mevio, Caio e Sempronio a usare un codice particolare o a predisporre una particolare tipologia di prove, perché la tipologia di prove è correlata alla progettazione didattica e il codice alla natura delle prove stesse: faccine, matite, giudizio sintetico, giudizio descrittivo, lettere, decimali, percentili etc. etc. sono tutte forme assolutamente lecite. Le cose cambiano, ovviamente, per le prove per classi parallele decise dal collegio, per le quali l’uso di griglie e scale docimologiche, se deliberato, è tassativo per tutti. Ancora, nessuno può impedire a Mevio e Caio di dare le verifiche da leggere alle famiglie e a Sempronio di chiuderle nell’ Aron-Ha-Kodesh come se fossero la Torah (a meno che il collegio non decida che la consegna vale per tutti: ed evitare così un approccio a mio avviso profondamente sbagliato, da qualsiasi punto di vista lo si esamini).
In ultimo, mi corre l’obbligo di richiamare un principio generale incardinato, da un lato, al dlgs 62/2017; dall’altro, al buon senso didattico. La valutazione periodica e la valutazione finale sono il sunto della “fase istruttoria” compiuta precedentemente. Le valutazioni delle varie prove costituiscono UNA PARTE dell’istruttoria. Sono, per così dire, strumenti. La cosiddetta «media aritmetica» (con tanto di riporto dei decimali al periodo successivo…) dal punto di vista didattico è una scempiaggine e non ha nemmeno riscontro dal punto di vista normativo. Fosse per me, la sradicherei dai registri elettronici: e non si tratta di buonismo magari modaiolo, condizione che mi è notoriamente aliena, ma di eliminare un distrattore. Perché la dicotomia non è tra valutazione «tradizionale» e «innovativa», ma tra valutazione mal fatta e valutazione ben fatta. 
Una valutazione ben fatta tiene conto del processo formativo e dei risultati di apprendimento raggiunti, non del foglio excel. Aggiungo: ben fatta non secondo la moda del momento, ma secondo gli indirizzi della buona didattica (l’art. 16 della Legge 899/1940 mi sembra molto significativo in proposito). La media aritmetica, nella normativa scolastica, entra SOLO in determinati momenti di certificazione (gli esami di Stato): e aggiungo non da oggi, ma da sempre. Faccio un esempio che tiene conto della mia prediletta «logica del gaming». Una prova andata male ha tutto il diritto (diritto in senso lato…) di essere recuperata, ma non col bilancino del farmacista e delle medie: bensì con il recupero e consolidamento degli apprendimenti che quella prova ha dimostrato NON essere stati raggiunti. Se prendo 4 in una prova, poniamo, sul feudalesimo e 8 in una prova sull’età dei Comuni, avrò anche recuperato aritmeticamente, ma dal punto di vista degli apprendimenti il feudalesimo per me resterà buio, un buco, un deficit di apprendimento che, non recuperato, è destinato a ripercuotersi (anche cumulativamente) sugli apprendimenti successivi. Il mio obiettivo di docente e il mio obiettivo di discente devono essere, rispettivamente, di creare le condizioni per colmare il buco e di colmarlo. E ciò prescinde dalla media… perché a quel punto la valutazione si baserebbe (correttamente) sugli apprendimenti raggiunti (o meno), seppure per errore. 

09 gennaio 2024

La Dichiarazione di Salamanca e il Quadro d'azione: una traduzione.

Oggi inauguro il corso di Istituzioni di diritto scolastico curvato sui BES in Statale, dedicato ai docenti della secondaria di primo e di secondo grado che seguono il percorso di specializzazione sul sostegno agli alunni con disabilità. Per me sono, al momento, i momenti più belli della mia attività, battuti solo dalle mail dei miei ex studenti che mi danno riscontro di ciò che ho cercato di insegnare loro, o di "terzi" che se dolgono perché sono dei "rompipalle".
Sono riuscito, in questi giorni, a esaudire finalmente una promessa fatta loro, ad ogni anno accademico, e allestire la traduzione della Dichiarazione di Salamanca e del Quadro d’azione sull’educazione per i bisogni speciali, con una breve premessa tecnica che mi riservo di ampliare. Il testo è anche tra i materiali delle Istituzioni di diritto scolastico, Giappichelli, Torino 2023 scritte con il professor Salvatore Milazzo..

Le parole della disabilità: finalmente si fa ordine

Il decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 , recante «Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamen...