28 dicembre 2023

Nel centenario della Riforma Gentile... una lezione dal passato?

Il centenario della Riforma Gentile si sta concludendo in un silenzio quasi assordante. Pure, per capire dove siamo e dove andiamo, è essenziale sapere da dove veniamo, magari, facendo a meno delle incrostazioni ideologiche e dei luoghi comuni: occorre liberare la mente e andare, come al solito, alla lettura diretta dei testi. Ciò dovrebbe consentirci di cassettizzare tutti quei manuali infarciti di misconvinzioni. 
La Riforma Gentile non era una riforma fascista, ma il frutto estremo del pensiero liberale. E Giovanni Gentile si avvalse in effetti di tutto il materiale preparatorio approntato dal suo predecessore, Benedetto Croce, dal quale ereditò anche un amministrativo esperto e capace quale Leonardo Severi, nonché del circolo che, da Ernesto Codignola a Giuseppe Lombardo Radice, si era venuto a creare attorno all'idealismo pedagogico. Un circolo, importante evidenziarlo, di pedagogisti concreti, approdati come lo stesso Gentile al mondo accademico attraverso l'insegnamento scolastico, secondo un meccanismo di interscambio e permeabilità buttato nel cestino dai decreti delegati negli anni Settanta. 
La Riforma Gentile non era una riforma classista, ma profondamente aristocratica, nel senso etimologico del termine: se da un lato era indirizzata ad aumentare i tassi di alfabetizzazione e scolarizzazione per la generalità degli italiani (in tale logica, Gentile promosse il passaggio dell'istruzione professionale dal ministero dell'economia a quello dell'istruzione, ) dall'altro era spietatamente volta a selezionare oi aristoi, i migliori. E non poteva essere diversamente, viste le biografie dei suoi autori: figli di modesto e onesto ceto impiegatizio o dalla vita familiare economicamente travagliata, andati avanti a forza di borse di studio e merito. 
Infine, ed è un punto su cui vale la pena trattenersi un attimo, la Riforma Gentile non era quella caserma illiberale che a volte viene presentata. E a volte presenta tratti ben più liberali, dal punto di vista didattico pedagogico, di alcuni impianti attuali. 
Prendiamo i programmi dell'istruzione media, inferiore e superiore, posto che i programmi Lombardo Radice per le elementari stanno a sé. Leggiamoli. Sono, di fatto, programmi d'esame, scanditi su ampi periodi e che lasciano una straordinaria libertà di scelta su strade, percorsi, modalità: «Art. 3 - In ciascun istituto, alla fine dell' anno scolastico e non più tardi del 30 giugno, il Collegio dei professori sceglierà, su proposta del professore della classe e della materia, i libri di testo e stabilirà, inoltre, la parte dei programmi da trattare nelle singole classi, per le singole materie, in modo tale che al termine del corso gli alunni siano pronti a sostenere l'esame prescritto»; «Art. 4 - Nei corsi biennali la deliberazione di cui al primo comma del precedente articolo dovrà riguardare la distribuzione della materia di tutto il biennio, nei corsi triennali e quadriennali quella, rispettivamente, di tutto il triennio e di tutto il quadriennio. Ma se la cattedra muti di titolare potrà il Collegio deliberare una nuova distribuzione del programma nella parte non ancora trattata su motivata proposta scritta del nuovo professore».
Sono programmi nozionistici? No. Certo, manca tutto il corredo di scenari, indicazioni, prescrizioni culturali, modellizzazioni di idealtipi di bambini, alunni... manca il concetto astratto (o la concettualizzazione?) di competenza... Certo, i programmai d'esame elencano contenuti, ma l'acuto lettore potrà verificare, nelle indicazioni per gli esaminatori, l'insistenza sulla conversazione, sulla discussione, sulla lettura diretta dei testi. Potrà anche notare la progressione delle richieste, via via più complesse di esame in esame... «L'esame consisterà nella lettura ed esposizione del contenuto d'un brano degli autori citati, notizie intorno all'autore letto, valutazione estetica e storica di esso. Analisi d'un'opera che il candidato avrà dichiarato d'aver particolarmente studiato» (sia detto per inciso, i programmi arrivavano alla letteratura all'epoca considerata contemporanea), mentre «una recitazione mnemonica di forme e regole grammaticali non accerta se non un vano esercizio di memoria, laddove occorre piuttosto accertare la capacità d'uso della grammatica». Per non parlare dei programmi di filosofia... Che poi pessimi docenti trasformassero, ieri come oggi, le indicazioni normative in pessima didattica (e pessimi risultati) era ed è vero. Ma le idee, si sa, camminano sulle gambe degli uomini. A volte sbilenche.
Piuttosto, ferma restando l'infungibilità di quel modello di scuola, che corrispondeva a una società (o a un'idea di società) radicalmente diversa dalla società contemporanea, a volte mi chiedo se un ritorno a quella sobrietà di impianto non possa essere ben più rispettoso dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e della libertà di insegnamento della piega ben più culturalmente prescrittiva presa in Italia dagli anni Settanta ad oggi. Forse, anche, sarebbe un impianto dal quale gli organi collegiali potrebbero impossessarsi di un protagonismo tanto affermato dalle norme quanto, di fatto, sovente nullificato dall'inerzia, dall'abitudine, dalle mode, dalla compilazione, col risultato di perdere il ruolo di dare una impronta (correlata alla realtà, e non frutto di narrazioni) alla specifica autonomia scolastica. Non è forse un caso che quel modello sia normativamente in vigore, attraverso l'adozione di un syllabus nazionale, nei sistemi di istruzione storicamente basati sull'autonomia, come quelli di matrice britannica.

17 dicembre 2023

Concorso ordinario 2023: raccomandazioni e precisazioni



Più che un post informativo, è un post di raccomandazioni... in queste ore vedo parecchi riassunti correre per il web... e ricordo ciò che ripeto sempre, come un mantra, ai miei studenti: quando si partecipa a una procedura, occorre SEMPRE per prima cosa guardare la normativa. Il web nelle sue varie declinazioni (pagine dedicate, social assortiti) NON è fonte di cognizione; i riassunti NON sono fonti normative, specie quando evitano di citare le disposizioni. Si tratti di GPS, mobilità, stesura del PEI, concorsi, occorre andare direttamente alle fonti. In attesa che il MIM pubblichi la consueta pagina negli "Approfondimenti" con le relative eventuali FAQ, e visto che le ricerche sul web presentano una ridda di bigini e non le fonti, mi sembra opportuno offrirvi un collegamento alla normativa del concorso infanzia e primaria, per i posti comuni e di sostegno, e alla normativa del concorso secondaria di primo e secondo grado, per i posti comuni e di sostegno. Inoltre, per chi partecipa al concorso su posto comune per secondaria di primo e secondo grado, è opportuno guardare il DPCM 4 agosto 2023 sulle abilitazioni. Anche sulla compilazione telematica della domanda, il MIM ha pubblicato una guida per infanzia e primaria e una guida per la secondaria di primo e secondo grado. Un poco lunghette, ma vale la pena tenerle sottomano, anche se l'applicazione dovrebbe essere piuttosto chiara. Compilare bene la domanda ed evitare trucchi o addirittura falsi, magari suggeriti dall'esperto di turno, aiuta tutti a vivere nella certezza del diritto e rende più rapido il lavoro dell'amministrazione.
Siccome in queste ore la particolare attenzione è sulle domande di partecipazione e sui titoli di accesso, su questo terreno occorre fare qualche precisazione.
Primo, i titoli di accesso vanno posseduti tassativamente entro il termine di presentazione delle domande, fissato per 9 gennaio 2024 ore 23:59. Non è prevista alcuna forma di accesso con riserva per chi stia conseguendo il titolo.
Secondo, se sui posti di sostegno e sui posti comuni di primaria e infanzia i titoli di accesso sono cristallini (se un avvocato millanta possibilità di ricorso, gli chiederei di mostrare l'elenco delle sentenze in merito prima di sganciare un euro... e non aggiungo altro), sui posti comuni della secondaria di primo e secondo le cose sono complesse. Per questo è NECESSARIO consultare direttamente il bando specifico e in particolare l'articolo 4, commi 1, 2 e 3:
"Articolo 4 (Requisiti di ammissione al concorso)
1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di cui al presente decreto per i posti comuni di docente di scuola secondaria di primo e secondo grado i candidati in possesso, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, congiuntamente, dei seguenti titoli:
i. laurea magistrale o magistrale a ciclo unico, diploma AFAM di II livello, o titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente;
ii. abilitazione all’insegnamento per la specifica classe di concorso o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente.
2. Sono ammessi a partecipare alle procedure di cui al presente decreto per i posti di insegnante tecnico-pratico i candidati in possesso, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, dell’abilitazione all’insegnamento per la specifica classe di concorso o dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di classi di concorso, ovvero di analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente.
3. Fermo restando il possesso del titolo di studio necessario con riferimento alla classe di concorso, la partecipazione al concorso per i posti di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo è consentita a coloro che nei cinque anni precedenti abbiano svolto, entro il termine per la presentazione della domanda, un servizio presso le istituzioni scolastiche statali di almeno tre anni scolastici, anche non continuativi, di cui almeno uno nella specifica classe di concorso per la quale si concorre, valutati come tali ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124, ovvero abbiano conseguito entro il 31 ottobre 2022 i 24 CFU/CFA previsti quale requisito di accesso al concorso secondo il previgente ordinamento."
La prima considerazione è che è "saltata", con le modifiche introdotte dal decreto-legge  30 aprile 2022 convertito dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, la possibilità di partecipare per i soggetti in possesso di altra abilitazione. Caso tipico, insegnanti di infanzia e primaria in possesso del titolo di accesso a una classe di concorso della secondaria. 
Seconda considerazione. Il concorso, per i soggetti di cui al comma 3, NON è abilitante, ma consente di accedere a percorsi di abilitazione. I vincitori saranno infatti assunti in prima battuta con un contratto a tempo determinato. 
1. Chi  ha avuto accesso con i 24 CFU svolgerà un percorso di abilitazione di 36 CFU, all'esito positivo del quale (prova scritta e orale) sarà assunto in ruolo e affronterà il percorso di formazione e prova: ciò ai sensi del combinato disposto tra il comma 1 ultimo periodo e il comma 4, secondo periodo dell'articolo 18-bis del dLGS 59/2017.
2. Chi ha avuto accesso con i tre anni di servizio svolgerà  un percorso di abilitazione in 30 CFU, ai sensi dell'articolo 7, comma 6 del DPCM, all'esito positivo del quale sarà assunto in ruolo e affronterà il percorso di formazione e prova, ai sensi dell'articolo 13, comma 2 del dLGS 59/2017: "I vincitori del concorso che non abbiano ancora conseguito l'abilitazione all'insegnamento e abbiano partecipato alla procedura concorsuale ai sensi dell'articolo 5, comma 4, sottoscrivono un contratto annuale di supplenza con l'Ufficio scolastico regionale a cui afferisce l'istituzione scolastica scelta e devono acquisire, in ogni caso, 30 CFU/CFA tra quelli che compongono il percorso universitario e accademico di formazione iniziale di cui all'articolo 2-bis, con oneri, a carico dei partecipanti".  

Chi si trova nella condizione di dover scegliere il titolo di accesso, perché in possesso tanto del requisito della triennalità quanto dei 24 CFU, valuti attentamente quale titolo inserire, perché a seconda della sua scelta (non reversibile...) il suo percorso sarà sia pur leggermente diverso.

Infine e importante: i titoli di servizio svolti durante i percorsi di abilitazione, in assenza di esclusioni esplicite da parte del complesso normativo, io li dichiarerei. A differenza infatti del riconoscimento forfettario dei 12 punti per anno di durata legale del corso previsti per le GPS, qui non vi è alcuna previsione specifica, esplicita o implicita. 

PS: non è mia intenzione entrare nel merito delle scelte compiute, che le condivida o meno. Indirizzo politico e azione amministrativa è opportuno che adempiano ai loro ruoli in maniera distinta. E questo è il momento dei chiarimenti, non delle polemiche. 

02 dicembre 2023

A proposito di prove equipollenti...


Sono stato appena richiesto di un parere... che forse è il caso di condividere "in stralcio", visto che non è la prima segnalazione in merito che ricevo... L'immagine del "maestro Miyagi" non è casuale... il suo "dai la cera, togli la cera.Non dimenticare il respiro" è didattica pura.

"... È importante usare le parole corrette, perché hanno un significato giuridico… che spesso si intreccia con la didattica, quando si affronta il diritto scolastico.

Come, per l’appunto, nel caso che mi propone, che riguarda le “prove equipollenti”… termine giuridico, fissato per gli alunni con disabilità sin dagli anni 70 e, in ultimo, dal d.lgs 62/2017 e dal dPR 122/2009 (caro al mio cuore, perché ne coordinai la stesura). Le “prove equipollenti” sono, a tutti gli effetti, prove che, pur diverse da quelle cui è sottoposto il resto della classe, vanno a verificare il raggiungimento degli stessi apprendimenti.

Una premessa è necessaria… la predisposizione di prove equipollenti, o l’assegnazione di misure dispensative o strumenti compensativi, al di là della specifica progettazione nei PEI (o nei PDP), rientra a pieno titolo, più ampiamente, nella libertà di insegnamento. Per paradosso, se un docente volesse dare a una classe di 24 alunni 24 prove diverse, potrebbe tranquillamente farlo, e non c’è collegio docenti o dirigente scolastico che potrebbe impedirglielo, al netto, ovviamente, di eventuali “prove comuni” decise dal collegio stesso.

La norma fissa esclusivamente le prove e i correlati momenti di verifica “formalizzati”, si tratti di prove Invalsi o di esame di Stato. Ciò che però negli altri casi è libertà dell’insegnante, per quanto concerne gli alunni con PEI (o PDP, già che ci siamo) costituisce una “azione positiva” che, nel momento in cui è ricompresa nel PEI (o PDP) rappresenta un obbligo. Il GLO decide, i docenti applicano, a seconda dei casi. 

Tra la ridda di disposizioni, note e circolari, che le risparmio, hanno invece valore di indicazione perentoria e vigente le Linee guida allegate al DI 182/2020 (recentemente modificato, ma si cita SEMPRE il testo oggetto di modifica, non il testo modificativo…) e, per i PDP, le Linee guida allegate al DM 11 luglio 2011.

La invito, come sempre, alla consultazione dei testi, a seconda dei casi, da condividere anche con i colleghi.

In linea generale, e per riassumere,

  • le prove equipollenti sono, come detto, prove diverse da quelle somministrate al resto della classe, chiamate a valutare il livello di raggiungimento degli apprendimenti previsti per come eventualmente adattati nel PEI.

Andiamo da una “riduzione” degli item alla diversificazione della prova (es. prove strutturate o semistrutturate etc). Ciò che determina l’equipollenza è la “materia”, gli apprendimenti oggetto della prova che corrispondono, anche se semplificati, alla prova normale. Ciò può riguardare anche il complesso di un percorso: se Caio non ha raggiunto il livello precedente (per semplicità, A), la prova di Caio può riguardare per l’appunto A, mentre il resto della classe fa B. L’obiettivo è l’allineamento finale… cioè che anche Caio raggiunga poniamo C. Le misure dispensative sono uno degli strumenti di equipollenza: dispenso da una parte della prova, o sostituisco uno scritto con un orale, o viceversa… a seconda mi raccomando della PERSONA alunno.

Altra cosa, l’utilizzo di strumenti compensativi, i quali “compensano” l’eventuale disturbo, senza “facilitare” il compito: tra gli strumenti, il PC, la calcolatrice, il lettore vocale, le mappe concettuali, l’attribuzione di tempi ulteriori per lo svolgimento della verifica etc. Per un elenco non esaustivo, la rinvio per l’appunto ai due decreti che le ho indicato. Ma il principio è lo stesso che vi indicavo a lezione.

Attenzione: perché gli strumenti possono essere usati SIA con le “verifiche identiche” (per usare la definizione del PEI) sia con le verifiche equipollenti.

Per gli esempi ho usato la secondaria di II grado, che è il caso più complesso; ma le progettazioni vanno COMUNQUE dettagliate. Il PEI rappresenta un documento di lavoro che poi "passa" da scuola a scuola. Un PEI malfatto o omissivo, pregiudica poi il percorso successivo.

Se Tizio, per svolgere le verifiche poniamo di fisica, usa mappe concettuali e calcolatrice, ma le verifiche sono identiche, si barra sul PEI la voce “A”, si declinano gli strumenti e stop.

Se le verifiche sono equipollenti, perché Caio segue in quella disciplina un percorso personalizzato “in relazione agli obiettivi specifici di apprendimento “, si barra la voce B e si declinano eventualmente gli strumenti.

Il percorso C di Sempronio vede, a fronte di un percorso didattico differenziato, ovviamente verifiche NON equipollenti. Ma si dettaglia comunque, sempre, cosa  Sempronio usa.

 Attenzione perché va segnata PER OGNI DISCIPLINA la progettazione adottata: se della classe, personalizzata, differenziata… Mevio, infatti, potrebbe seguire un percorso della classe in educazione motoria e arte, personalizzato in italiano e inglese, differenziato in matematica e fisica, e via discorrendo.

Raccomando comunque di LEGGERE “in corso d’opera” le Linee guida alla compilazione dei PEI, che stanno ai PEI come le istruzioni IKEA stanno al mobile IKEA: senza istruzioni, il mobile non lo monta…

Un caro saluto!


Le parole della disabilità: finalmente si fa ordine

Il decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 , recante «Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamen...