Sui servizi igienici e cura dell’igiene personale degli alunni con disabilità, parole definitive, ma «abitudini» ancora da sistemare...

Il quadro normativo sulla questione «servizi igienici e cura dell’igiene personale» degli alunni con disabilità è chiaro, e non certo da oggi. Sono 14 anni che tengo lezioni di istituzioni di diritto scolastico presso i corsi di specializzazione sul sostegno, il corso di laurea in scienze della formazione primaria, i corsi di abilitazione e ho sempre detto, contratti e giurisprudenza alla mano, la stessa, identica, cosa: l'assistenza igienica di base agli alunni con disabilità è parte integrante del profilo contrattuale dei collaboratori/operatori scolastici, dal 2002 all’attuale CCNL. Basta guardare l’Allegato A al contratto.

Che poi, in sede di contrattazione di istituto, si concordino incentivi variamente denominati (oggi, la «specifica indennità» accessoria prevista all’art. 54, tra l’altro coperta dalla firma del nuovo contratto nazionale integrativo che dedica alla questione l’articolo 5), è altra cosa: nelle more della sottoscrizione, la prestazione va comunque resa, al pari delle altre previste dal profilo. Unica eccezione, ovviamente, è rappresentata da coloro i quali beneficiano, da parte delle commissioni mediche di verifica, di mansioni esplicitamente ridotte.

Sul tema, per inciso, si è espressa anche la Corte di Cassazione nel 2016, con sentenza della sesta sezione penale, e l'ARAN, con più pareri consolidati nel tempo. L’ultimo, in particolare, diffuso da diverse testate on line e poi pubblicato sul sito ARAN (e dunque con carattere ufficiale), è tanto articolato, pur nella sua brevità, quanto inequivocabile:

«l Collaboratore scolastico deve prestare agli alunni l’assistenza necessaria nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale?

L’attività di assistenza all’igiene personale è regolata dall’Allegato A del CCNL 18.1.2024 inerente alle specifiche professionali dei singoli profili professionali. In particolare, per la figura del Collaboratore Scolastico così recita: “- vigilanza sugli alunni, compresa l’ordinaria vigilanza e l’assistenza necessaria durante il pasto nelle mense scolastiche e, nelle scuole dell’infanzia e primaria, nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale”.

Inoltre, sempre nella medesima declaratoria, si precisa che “al fine di rendere effettivo il diritto all’inclusione scolastica, presta ausilio materiale non specialistico agli alunni con disabilità nell'accesso dalle Aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell'uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale”.

Quanto indicato nell’Allegato A non è innovativo rispetto a quanto previsto già nei previgenti contratti; infatti, già la tabella A allegata al CCNL del 29.11.2007 prevedeva lo svolgimento delle seguenti attività specifiche per l’area As: coordinamento dell’attività del personale appartenente al profilo A, di cui comunque, in via ordinaria, svolge tutti i compiti. Svolgimento di attività qualificata di assistenza all’handicap e di monitoraggio delle esigenze igienico-sanitarie della scuola, in particolare dell’infanzia; per l’area A, tra le altre cose: presta ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale anche con riferimento alle attività previste dall’art. 47.

Pertanto, rimane competenza del personale sopra citato l’attività di assistenza all’igiene personale che può riguardare anche pulizia e lavaggio degli alunni nonché cambio dei pannolini».

L’ARAN non ha mancato di sottolineare come, nella sentenza della Cassazione 30/05/2016, n. 22786, «non solo si individua la doverosità dell’intervento richiesto ai collaboratori scolastici derivante dalla normativa contrattuale ma anche che: “il comportamento omissivo” dei lavoratori “integra il reato di cui all'art. 328 c.p., comma 1, anche sotto il profilo soggettivo, essendo emerso che il rifiuto è stato opposto nella consapevolezza che fosse in contrasto con i doveri d'ufficio, dal momento che erano state sollecitate dal dirigente scolastico all'espletamento di tali attività”».

Direi che il quadro è cristallino. Tocca aggiungere, per dovere di cronaca, che solo nell’ultima settimana ho ricevuto quattro mail, da parte di docenti della scuola primaria e dell’infanzia, che lamentavano tentativi da parte di DS, responsabili di plesso, colleghi «anziani» (per la serie: «si è sempre fatto così») e addirittura di un collaboratore scolastico di assegnare a loro la mansione.

Sia chiaro… fermo restando che ogni eventuale comando da parte di figure che non siano il DS è palesemente illegittimo, qualora l’indicazione provenga da quest’ultimo va richiesto un ordine di servizio scritto. Non solo perché il DS potrebbe essere ignaro di disposizioni impartite a suo nome (vi assicuro: è capitato)... ma perché la richiesta potrebbe suggerirgli un approfondimento e dunque rivedere la disposizione. Così non fosse, vi è un atto che tutela il dipendente e tiene traccia di un comportamento sulla cui opportunità l’amministrazione MIM può essere chiamata a chiarire: a volte, le cose basta spiegarle.

Infine, ma non infine: un conto la sfera giuridica, altro conto, ovviamente, il caso sporadico, dove occorre intervenire in emergenza. Non posso predicare in un modo e razzolare in un altro, visto che nel corso della mia attività accademica (dato che a volte nelle mie aule si crea una sorta di allegra nursery) mi è capitato di ninnare neonati, mostrare a uno spaurito papà come si cambia un pannolino e spiegare la corretta inclinazione del biberon per evitare le stramaledette «colichine». Nelle situazioni concrete, collaborare ci sta sempre. Comunità educante significa anche questo.

Commenti

  1. Grazie Professore, sempre chiaro e concreto.

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    1. Grazie a lei... il dramma è che su questo argomento batto e ribatto da almeno 14 anni... ma...

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