Esami di Stato e... corsi e ricorsi che non ricorrono...


Ad ogni esame di Stato mi piaceva riguardare la parte di «avvertenze» contenuta nei cosiddetti «programmi Gentile», un documento la cui lettura effettiva è inversamente proporzionale al numero di citazioni e che mi appare tanto più sensato quanto più si tenta di relegarlo nello scaffale delle anticaglie o di bollarlo di nozionismo. 

Basterebbe, per l’appunto, leggerlo. Intanto, si trattava, per ogni grado e «ordine» (all’epoca esistevano… oggi non più) della scuola «media», oggi diremmo «secondaria», non dei programmi di studio, scanditi anno per anno, ma dei programmi relativi ai vari esami: certo, gli studenti erano testati sull’intero percorso oggetto d’esame (per fare un esempio, il triennio del liceo classico): ma la scansione interna alle discipline (cosa fare in prima e come, cosa in seconda… ), la scelta dettagliata degli argomenti (quali opere di un determinato autore… ) era affare dei professori (quando non degli stessi studenti: « Analisi d'un'opera che il candidato avrà dichiarato d'aver particolarmente studiato») come, pare ozioso dirlo, la didattica: assolutamente libera e preordinata esclusivamente all’effettiva formazione delle persone. 

Cogliamo fior da fiore… «L'esame dovrà avere lo scopo di saggiare non tanto la quantità di nozioni acquistate dal candidato, quanto e soprattutto il modo come le cose imparate si sono organizzate nella sua mente»… «L'esame non consisterà mai nella ripetizione di formulette a memoria»… «non si richiederà mai nell'esame di filosofia uno sforzo della memoria impegnata in astratte affermazioni o negazioni, ma si vorrà la penetrazione del pensiero altrui che sia slancio e moto del pensiero stesso del candidato»… «Il senso degli avvenimenti è tutto nelle idee, negli istituti da cui sorgano e a cui conducono, e questo dev'essere ben chiaro all'intelligenza del candidato perché è quello che deve rimanergli fisso nell'animo dallo studio della storia; qualcuno dei minori particolari, quando gli occorrerà, saprà ritrovarlo se possederà un solido concetto dello sviluppo storico della civiltà»… «Lo studio d'una letteratura si riduce ad un semplice “ammobigliamento della memoria” se non è accompagnato dalla lettura degli autori. Perciò, nessuna letteratura, né l'italiana, né la latina, né la greca sarà studiata senza leggere le opere più significative di esse», il che implica, ad esempio, mettere il testo richiesto sotto il naso del candidato… come personalmente mi è capitato di fare in ben più di un’occasione. 

Ora, è cambiata, e molto, l’organizzazione dell’esame. Ma quei precetti di ottima conduzione dell’esame sono, a ben vedere, rimasti gli stessi. Ora come allora, a oltre un secolo di distanza, non universalmente praticati. Eppure, in come si esamina c’è tutta la professionalità, in positivo o in negativo, di un insegnante. Negli anni ho visto di tutto. Al netto dei casi di ignoranza (eh…), ho assistito a duetti splendidi tra candidato e commissione, non solo nei casi di studenti preparatissimi, ma anche quando erano alla prova candidati non particolarmente robusti, condotti comunque a ragionare. Ho visto (e immediatamente censurato) casi di interrogatori disciplinari (di cui nella normativa non c’è traccia), di solito eseguiti da docenti che interpretavano il loro ruolo come santi inquisitori, magari attizzati se l’istituzione scolastica di assegnazione era «di fama». 

Ribadisco un concetto che è stato per anni il fulcro dei miei incontri formativi. Il ruolo dei presidenti è decisivo. Sono i garanti del corretto svolgimento delle operazioni, certo, ma soprattutto i «direttori dell’orchestra didattica», perché l'esame è didattica nel senso più pieno del termine. Un conto rispettare le norme (che è la migliore garanzia per far scorrere liscio l’esame), altro conto confondere regole e sostanza. Basta con la psicosi da contenzioso… Basta. Perché posto che i TAR sono come la Fata Madrina, e sì, possono mutar la zucca in carrozza, ma solo per poco, le norme sono le regole, ma il gioco è e non può che essere, per l’appunto, pedagogico e didattico, in una parola, culturale: «L'esame dovrà avere lo scopo di saggiare non tanto la quantità di nozioni acquistate dal candidato, quanto e soprattutto il modo come le cose imparate si sono organizzate nella sua mente»… 

Buona «maturità» a tutti!

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