Tempo di GLO... facciamo un tagliando ai PEI di giugno.

Il Gruppo operativo per l’inclusione dei singoli alunni con disabilità (GLO) ha alcuni momenti di riunione canonici, previsti tassativamente dal Decreto interministeriale  29 dicembre 2020, n. 182 (art. 4), che ho coordinato con le modificazioni apportate dal decreto interministeriale 1° agosto 2023, n. 153 e che condivido assieme agli allegati, in modo da dare a tutti un punto di riferimento unico. Giugno è il mese in cui i GLO sono riuniti per la redazione del PEI provvisorio (art. 4, comma 1) o per la «verifica finale e per formulare le proposte relative al fabbisogno di risorse professionali e per l’assistenza per l’anno successivo» (comma 3). Sottolineo: il GLO, come previsto, nella sua articolazione, all’articolo 3 e come configurato con determina dal DS (fermo restando la possibilità di avvalersi, a seconda dei casi, di altre figure e professionalità, ai sensi del comma 7, dietro disposizione del DS, «acquisita l’autorizzazione dei genitori in caso di privati esterni alla scuola»); il GLO, ribadisco e sottolineo, e non il «team docenti» o il «consiglio di classe» allargato ai genitori. Le Linee guida (anch’esse riferimento normativo) sono precise nel dettagliare il significato e la ratio delle varie sezioni del PE.

Mi limito a due punti da sottolineare. Il primo: nel caso di passaggio di grado o di istituzione scolastica, va assicurata l’interlocuzione tra i docenti della sede di provenienza e i docenti della classe di destinazione (art. 15). Non si tratta di un adempimento formale, ma di un «dover fare» didattico, perché il mero passaggio documentale non è sufficiente: sia perché il linguaggio è spesso formale e standardizzato e in tal modo fa svaporare la «persona alunno», sia perché sono nel confronto professionale possono essere meglio delineati i punti di forza/di debolezza. 

Il secondo, riguarda le risorse. Precisato dal MIM, con Nota della DG per lo studente n. 1718/2024 che, siccome «non è stato ancora adottato, da parte delle strutture sanitarie competenti, il Profilo di Funzionamento, conseguentemente non è possibile procedere alla compilazione delle tabelle C e C1», resta in piedi il paradigma: il principio di attribuzione delle risorse professionali, come fissato dalla normativa, prevede che siano correlate alle necessità specifiche dell’alunno e al progetto di inclusione (art. 13 e 15) e non dunque alla nozione astratta di «gravità», anche facendo riferimento ai «facilitatori» già presenti nell’istituzione scolastica e tra i docenti: per usare le parole delle Linee guida, che vale la pena riportare per esteso,

«La valutazione del fabbisogno richiede una considerazione più attenta delle condizioni personali e – questa la novità positiva della prospettiva ICF – la valutazione della sua interazione con il contesto, che è certamente modificabile. Tale cambiamento chiama in causa non solo l’insegnante, ma tutta la comunità scolastica, richiedendo l’ausilio consapevole della più ampia “comunità educante”. Con i nuovi criteri, in presenza di una disabilità visiva che non implica problemi a livello cognitivo e di apprendimento, è possibile indicare gradi diversi rispetto alla restrizione di partecipazione che sarà “lieve” relativamente all’apprendimento e alla socializzazione, “molto elevata” in rapporto alla comunicazione, “elevata” in rapporto all’autonomia di movimento.

Pertanto, gli interventi educativi richiesti si collocano in un range “lieve” (0-5 ore di sostegno didattico) e sono finalizzati soprattutto all’integrazione nella classe (per i primi anni); mentre per l’assistenza alla comunicazione (con l’ausilio di un tiflodidatta, competente nel Braille) sarà necessario il massimo delle ore; infine sarà sufficiente una media assistenza per quanto riguarda l’autonomia, a meno che la scuola non “abbatta le barriere”, creando percorsi guidati, fornendo l’alunno di ausili tecnologici, etc. che riportano il bisogno di supporti ad un grado “lieve”.

Il fabbisogno è quindi strettamente e dinamicamente correlato agli effettivi interventi messi in atto su più piani: dal sostegno didattico, all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione, all’assistenza igienica di base, al lavoro cooperativo dei compagni di classe, di tutti gli insegnanti, alla fornitura di ausili (tastiera Braille), all’uso di nuove tecnologie (sintesi vocale), agli interventi sull’ambiente (percorsi guidati, adattamenti acustici…)».

Al netto degli allegati, ad oggi da non compilare come da indicazione della DG Studente, restano fermi i principi che costituiscono la necessaria «motivazione» alle richieste.

Inoltre, vanno ben distinte le diverse necessità tra sostegno didattico, assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione, che il DS provvederà poi a indirizzare nel primo caso all’amministrazione, nel secondo all’Ente Locale che, per giurisprudenza abbondantemente consolidata, risponde agli stessi obblighi di attribuzione quantitativa e qualitativa in capo al Ministero: non basterebbe cioè un generico educatore, ma una professionalità in grado di offrire ciò che è richiesto, che è richiesto in quanto necessario al progetto inclusivo. Senza dimenticare l'assistenza specialistica genericamente intesa, ulteriore rispetto a quanto da garantire attraverso il profilo professionale dei Collaboratori e degli Operatori scolastici previsto dal CCNL all'Allegato A e le risorse strumentali eventualmente necessarie.

Come ripeto a lezione, è importante che, in questa fase, ognuno risponda rispetto ai diversi ruoli previsti dalla procedura. Ad esempio, il GLO (magari presieduto non dal DS, ma da un suo delegato – delega formale, beninteso) non può formulare una proposta sulla base di presupposti spurii («figurati se ce le danno!» o, al contrario, «così rischiamo che il collega SOS vada in un’altra sezione»);  la richiesta di risorse dal DS allo UAT e all’ente locale non può essere alterata in base a considerazioni che non spettano all’istituzione scolastica, da «siccome il comune risorse non ne dà, inutile chiederle», a «facciamo una cattiva figura con l’Ufficio di Ambito territoriale», passando per «la legge non lo prevede» (legge di solito genericamente evocata, svicolando dalla legittimissima domanda «quale legge? Leggiamola»).

Infine, una raccomandazione che chiudo in poche battute, perché si richiama, più che alla norma, alla professionalità di ciascuno: il PEI si redige, meglio ancora si progetta, in scienza e coscienza e collegialmente, con il contributo delle figure previste nel GLO, ma in primis dei docenti, di sostegno e posto comune, cui ricadere l’onere e l’onore della didattica. Come amo ripetere, non è il PEI «bello» o «innovativo» a fare la differenza, ma il PEI efficace. E l’efficacia si nutre anche dei criteri di valutazione delle misure adottate che, se correttamente individuati e seriamente applicati, sono la dimostrazione pratica di quanto l’«apprendimento per errori» possa essere utile a tutti.

Commenti

Post popolari in questo blog

Strumenti compensativi, misure dispensative e prove identiche, equipollenti, differenziate agli esami di Stato: una tabella pratica per sciogliere i dubbi.

Tutor dei docenti in formazione e prova: uno schema di relazione

Concorso ordinario 2023: raccomandazioni e precisazioni