Sperimentazioni, innovazioni... Parte prima. Qualche idea preliminare
Ho letto un bel po’ di letteratura in merito ai «processi di
innovazione» che, salvo pochi casi, mi ha lasciato perplesso, vuoi per il tono
roboante con cui erano scanditi i dogmi di particolari «dover essere»; vuoi per
l’uso di un linguaggio inutilmente astruso; vuoi per la palese insostenibilità
dei processi proposti. Tra le eccezioni, il datato ma ottimo Vairetti
– Medicina, Innovazione e buone pratiche nella scuola; l’edizione
dell’Index
for inclusion curata da Ianes e Dovigo nel 2008, che ho usato anche per
abbozzare alcune schede operative, ad esempio sull’ambiente
di apprendimento, sui compiti
a casa, sul personale
neoarrivato.
Negli anni ho cercato di ricondurre le letture e le esperienze,
positive e negative, che ho incontrato a vario titolo intorno a una scheda via
via affinatosi e sperimentato nel corso degli esami a Scienze della Formazione Primaria,
senza altre pretese che dare una sommaria ed essenziale traccia di come impostare un'azione di cambiamento.
La riproporrò, partendo da una considerazione. Le nostre azioni sono anche
determinate dal su che cosa e come veniamo valutati. Nel caso specifico, il modello
di valutazione dei DS, adottato a partire da quest’anno scolastico,
inserisce una serie di obiettivi
e indicatori che inevitabilmente andranno a guidare l’azione dirigenziale
nel prossimo triennio. Come occorre fare in amministrazione, li do per acquisiti.
Quelli sono, quelli vanno perseguiti. Il «cosa» contempla, tra l’altro, ben 8
punti su 80 dedicati a «sperimentazioni e/o innovazioni»: Attuazione di sperimentazioni
e/o innovazioni organizzativo-didattiche; Sperimentazioni di flessibilità
organizzativa e didattica; Adesione ad iniziative nazionali di innovazione didattica;
Presenza di percorsi curricolari o extracurricolari caratterizzati da innovazioni
metodologico-didattiche. La doppietta innovazione/sperimentazione ritorna a
volte, qua e là, negli
obiettivi regionali. Quanto al «come», l’indicatore è booleano. Ovvero, per
noi boomer, il «celo/manca» che scandiva gli scambi di figurine all’intervallo.
Vero è che alla voce «Utilizzo di forme di monitoraggio del raggiungimento
degli obiettivi di miglioramento e rendicontazione dei risultati raggiunti»
sono destinati ben 3,5 punti. Ma pur sempre in booleano: e trattasi di un
adempimento connesso alla Rendicontazione sociale triennale normativamente
prevista, dunque di un obbligo.
Data questa griglia, costituita da una serie di azioni da
compiere e da una valutazione fondata, prevalentemente, sull’averle compiute o
meno, nelle mani dei DS e delle Comunità educanti c’è il come decidere di
«popolarla». Fatte salve due voci spietatamente «qualitative» (i tempi delle
autorizzazioni delle rate dei contratti di supplenza e i tempi di pagamento
delle fatture), il resto mette in campo la professionalità dei DS.
Ci sono tre sistemi in generale. Il primo è quello,
burocratico, dell’adempimento. Carico il minimo sindacale: celo/manca. Il
secondo, è entusiasticamente cumulativo: facilmente riconoscibile dalla
presenza compatta di qualsiasi parola d’ordine comparsa in tema di istruzione
negli ultimi lustri, supercazzolosamente combinate in periodi la cui sintassi
sfiderebbe il compianto Luca Serianni: perseguo la qualsiasi, calo sul collegio
gli ukase, punto l’indice sui refrattari e buonanotte. Sono sistemi destinati a
presentare il conto. Sul primo, potrebbe venire il giorno in cui delle azioni
si potrebbe legittimamente chiedere conto e ragione; sul secondo, l’accumulazione,
magari impositiva, di interventi si rivela inutile e alle volte insostenibile,
sino a far saltare gli equilibri interni.
C’è poi una terza strada, che è poi quella variamente adombrata
da tutti i modelli di valutazione della dirigenza via via sperimentati. Usare
la valutazione come leva del miglioramento. Nei prossimi giorni vi proporrò lo
schema possibile e, soprattutto, sostenibile cui vi accennavo. Non ottimo, non
eccellente, non innovativo, tutt’altro che una ricetta. Più modestamente, un
aiuto praticabile all’esercizio del buon senso.
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